Da comprare, sfogliare, toccare, lasciare aperto sul tavolo per poi sussultare alla vista delle fosse comuni in Afghanistan o del corpo nudo, di cui non sono inquadrati testa e gambe e ricoperto di cicatrici, di un trans operato. Tra i centinaia di opuscoli, brochures e pubblicità allegati alle riviste che sfogliamo distrattamente o cestiniamo ancora chiusi nel loro cellophan, Vogue Italia ha puntato su un operazione che sembra fatta a posta per epater les bourgeoises: allegare “Permanent Food” alla sua uscita di giugno.
Un’ennesima rivista patinata, che comincieremo a sforgliare distrattamente magari parlando al telefono, o guardando il telegiornale delle 14:00 aspettando che il caffè sia pronto.
Una sequenza di immagini senza nome, titoli o richiami che possano orientarci ci si presenta così sotto gli occhi, e mentre noi curiosi, andiamo avanti alla ricerca di una spiegazione a cui appigliarsi cadiamo testa e piedi nei meandri grotteschi, orrorifici, comici e sconfinatamente desolati della nostra società dello spettacolo.
Le immagini a tutta pagina sono accostate tra loro in modo apparentemente casuale; eppure questo “Blob” è un raffinato e potente mezzo di costruzione di senso, che mette a nudo il vuoto angosciate e quotidiano delle immagini che ci bombardano ogni giorno.
L’operazione è firmata non a caso Maurizio Cattelan, il raffinato artista concettuale italiano che vive a New York che, con Paola Manfrin direttore creativo della McCann Erickson, ha strappato le pagine degli ultimi 10 anni di Vogue, quelli  firmati da Franca Sozzani, per poi rieditarle nell’ultimo numero di Permanent Food.
I due hanno accostato immagini e articoli, ribaltandone il senso, guidati dallo stesso Humor (diremmo noir) e tagliente spirito che ha caratterizzato fino ad ora tutto il progetto editoriale.