Non è che i critici non si riproducano. Fisiologicamente la critica d’arte non rende sterili. Intellettualmente però è un po’ come se il settore si duplicasse per partenogenesi: niente padri/madri, niente pedigree. Solo tanti party o tanta noia. Tutti a fingere d’esser stati abdotti dagli alieni o di esser stati creati critici in virtù di un’imprevista mutazione genetica: come avere l’allergia. Insomma: quando nascerà davvero una nuova generazione di critici nuova nella forza delle proprie radici, nella difficile ma necessaria uccisione rituale dei propri genitori (si fa per dire, sia uccisione che genitori) se questi nuovi sguardi non trovano spazio e occasione di mettersi alla prova? E senza tronfi paternalismi: ci siete, fate. Verde critica vuole essere una finestra nella quale intravedere i lavorio di crescita di questi nuovi sguardi, in questo caso limitandoci al settore delle arti fotografiche. Non di più, ma neanche meno di questo. a.p.
La mostra propone tre artisti di diversa nazionalità che parallelamente, utilizzano nel loro lavoro scultura e fotografia. L’obiettivo è quello di creare un rapporto, un dialogo costante tra oggetti quotidiani e forme assolute. È proprio il paesaggio urbano contemporaneo ad offrire, nella sua transitorietà, continue ed effimere qualità plastiche del reale. È il reale stesso, pertanto, ad essere un laboratorio creativo, ad offrire molteplici e sempre nuove modalità di visualizzazione dei propri elementi, a presentarci “opere” che possono nascere ovunque, in ogni situazione. Ed è proprio nella registrazione, nella messa in forma di immagine di queste “eccedenze” minime del reale quotidiano, che si focalizza il lavoro dei tre artisti. L’artista austriaco Erwin Wurm parte da una problematica di tipo scultoreo, formale con la quale affronta ed indaga gli equilibri precari che si instaurano continuamente tra gli oggetti di uso comune; registrandoli fedelmente mediante il medium fotografico o mediante video. La sua indagine vive nell’istante, nell’azione breve, nella performance che diviene scultura presentata successivamente in immagine fotografica. Richard Wentworth, scultore e fotografo, è fortemente legato al paesaggio urbano londinese, che diviene il suo peculiare territorio d’azione. La sua visione si sofferma sulle incongruenze create involontariamente dal linguaggio spontaneo dei rifiuti, dei materiali e dei rottami industriali, denotando una presenza sotto forma di assenza dell’essere umano. Nei diversi anni del suo lavoro Gabriel Orozco ha sfruttato le qualità espressive, stilistiche e tecniche di differenti mezzi comunicativi quali la scultura, il disegno, le installazioni, i video e la fotografia. Lavora con oggetti e materiali comuni, trovati o elaborati per creare installazioni e sculture all’interno di gallerie o all’interno del paesaggio stesso. Ad interessarlo sono gli oggetti più ludici e casuali del reale. Indaga i segni, le tracce del vissuto metropolitano, per poi tradurli in oggetti d’arte concettualmente elaborati. L’analisi di questi urban explorers ci sprona ad accogliere con curiosità l’aspetto visivo e semantico di una realtà in continua mutazione, ad aprirci a nuove modalità visive e formali, offerteci proprio dal nostro contesto culturale metacomunicante.
A cura di Cristiana Perrella. Produzione: Zone Attive in collaborazione con Ambasciata del Messico, British School at Rome e Forum Austriaco di Cultura. Museo Andersen, via Pasquale Stanislao Mancini 20, Roma
Info: 063219089. Martedì – Domenica ore 9 – 20, chiuso il lunedì. Ingresso gratuito. Fino al 20 giugno