Le care vecchie note di “Napul’è” risuonano nella grande stanza, mentre sdraiata su di un catafalco faccio le prove del mio funerale. L’occasione mi è gentilmente offerta da The Centre of Attention, il trasgressivo gruppo londinese che per la mostra Sempre un po’ più lontano, propone Swansong, una performance interattiva legata al web, alla musica e alla morte.
Incontro prima Gary O’Dwyer, che mi chiede di indicargli, tra migliaia di brani scaricabili dalla rete, la colonna sonora per la prova-esequie; scelgo Pino, che va bene per tutte le occasioni e mi stendo, inizialmente inibita da una certa scaramanzia… Invece, una volta in ballo, decido di ballare e mi abbandono completamente, malgrado la cattiva qualità dell’audio.
Al termine della canzone, quando inizia a diffondersi la musica di “Femmena” (sempre Pino), evidentemente scelta dal mio successore, mi alzo e gli cedo il posto, mentre torno da Gary, che nel frattempo è stato raggiunto da Pierre Coinde, l’altro componente del duo.
Concordiamo per l’intervista.

Gioia Pica: Perché hai deciso di trasferirti in Inghilterra? (Pierre è francese, n.m.)
Pierre Coinde: Non è male dove sto, e Londra mi piace.

G.P.: Quali sono, secondo voi, se ci sono, le differenze tra la ricerca artistica in Francia e in Inghilterra?
The Centre of Attention: Ci sono artisti interessanti sia in Francia che in Inghilterra. Non credo si possano distinguere differenze solo sulla base della nazionalità, soprattutto tra due paesi così vicini.
Dal punto di vista del mercato dell’arte, tuttavia mi sembra che ci siano meno tentativi di ricerca in Francia che nell’UK.

G.P. Trovate che gli artisti francesi siano meno audaci?
TCoA: Non si tratta tanto di audacia. Semplicemente ci sembra che nel Regno Unito ci sia un panorama artistico più variegato. Forse c’è uno spirito meno conservatore rispetto al successo…

G.P.: Quando comincia esattamente l’esperienza di The Centre of Attention? Verso quali obbiettivi volge e su quali convincimenti poggia il vostro sodalizio?
TCoA: The Centre of Attention inizia nel 1999, per vedere cosa avremmo potuto fare senza soldi e con modestissime risorse, con l’idea di curare o organizzare mostre più interessanti di quelle che stavamo visitando a Londra in quel momento.

G.P.: Parliamo di Venezia. Il filo rosso dell’esposizione è il mito del viaggio, quale tentativo coraggioso di passare la “frontiera”, attraversare le colonne d’Ercole. Quali sono le frontiere che TCoA vuole attaversare, qual è il confine più stretto? E, viceversa, qual è il limite che non oltrepassereste mai?
TCoA: In una società aperta e libera, noi dovremmo poter saggiare ogni confine e superare ogni frontiera.

G.P.: Credete davvero che una società senza limiti sia una società libera?
TCoA: No, non lo crediamo, per questo val la pena esplorarli tutti.

G.P.: A proposito di Swansong, perché un funerale? Perché nel mondo del non necessario (in cui voi programmaticamente vi muovete), celebrate la morte, la sola cosa che accade secondo necessità? Può leggersi come un semplice epifenomeno, un esorcismo o che altro?
TCoA: Ricordati che devi morire è un’esortazione a vivere più intensamente. L’evento non è incentrato tanto sulla morte, quanto sulle potenzialità della vita e dell’arte. Da un punto di vista formale, noi volevamo ribaltare il rapporto visitatore – oggetto, il visitatore è immobile sul plinto, mentre l’opera è dinamica, consentendo al contempo che il pubblico vi prendesse parte.

G.P.: Tra gli obiettivi di Rosa Martinez, c’era anche quello di avvicinare artisti, la cui ricerca poteva apparire, ad un primo sguardo, su piani totalmente differenti. Per quanto vi riguarda, questo contatto ha avuto luogo?
TCoA: Abbiamo apprezzato la ricerca ed il lavoro di molti artisti incontrati, tra cui le Guerrilla Girls, Stephen Dean, Pilar Albarracìn e qualche altro. Speriamo nel futuro di poter sviluppare con loro qualche progetto.

G.P.: La vostra poetica si muove nello spazio della contraddizione; si tratta quindi di un disimpegno intenzionale, un’abdicazione cosciente al ruolo attivo dell’artista nella vita sociale e politica (di cui Regina José Galindo, per fare un nome, ne è un esempio)?
TCoA: Il nostro interesse si limita alle nostre risorse autonome, senza supporto pubblico o commerciale, agli spettatori e ad internet. Se vuoi cambiare il mondo, diventa un economista.

G.P.: Infine, se volete aggiungere qualcosa per i nostri lettori…
TCoA: Per predire il futuro, devi cambiare il passato.