Esercizi di Resistenza
è il titolo della personale di Tania Bruguera
curata da Roberto Pinto  e ospitata dal 28 novembre 2003 – 24 gennaio 2004 alla galleria Franco SoffiantinoArte Contemporanea di Torino.
Il Catalogo, intitolato anch’esso Esercizi di resistenza, ripercorre i lavori precedenti dell’artista cubana.

Niente corpo a corpo con l’oggetto, ma sempre più corpo a corpo col potere, con le tracce, con la memoria: questo è il messaggio di Tania Bruguera, questa è l’azione di un’arte che, tra le ormai infinite e sdoganate possibilità di materie e mezzi, di procedure e gesti pubblici, va senza finali alla conoscenza di sè e dunque della realtà vissuta, imposta o scelta che sia. Quest’uso non inedito del corpo nel circolo per ora vizioso arte/vita è raccontato da Roberto Pinto (uno dei top della scuola curatoriale romana e operante tra Milano e mondo) nel catalogo in forma di volumetto su Tania Bruguera dal titolo Major: Esercizio di resistenza, pubblicato in occasione della mostra dell’artista cubana presso Franco Soffiantino Arte Contemporanea di Torino. Bel coraggio anche lui, usare la parola ai laici sacra “resistenza”, di questi oscuranti tempi italiani. Dicevo non inedito, perchè basti pensare ad Ochoa nella scorsa Biennale di Venezia, al Nuto Revelli delle interviste ai diseredati italiani, all’opera di una vita dell’ottantatreenne Louise Bourgeois: ho fatto l’artista per superare la paura e per attuare la costruzione continua del reale.
Leggera e forte nello stesso tempo, Roberto Pinto ne sottolinea lo spostamento del concetto stesso di performance, in quanto l’artista demanda parte dell’azione allo spettatore stesso. Ma come fa? Creando in chi s’accosta un sentire, un percepire, un tensione tra sensi fisici e mentali, da trascinarci irresistibilmente, en avant.
Tania Bruguera lo fa, rivivendo in corpore suo, ad esempio, pezzi di un evento storico fondante: Comer Tierra (Mangiare la terra), ricordo della cerimonia di suicidio collettivo compiuto dagli Indios all’arrivo degli Spagnoli; anche rivivendo il corpo/pensiero di altri nel proprio (come nell’Homenaje a Ana Mendieta, la giovane artista minimalista di origine cubana gettata dalla finestra di un grattacielo a New York); infine mettendo in scena ossessioni della più scottante attualità: il rapporto tra artista e potere che nel caso di Cuba vuol dire: Fidel Castro.
Ero a La Habana in occasione della Biennale di due anni fa (del 2000). E lì rincontrai Roberto Pinto e conobbi la Tania Bruguera. La sua opera, descritta da Pinto che ne dà il titolo: Senza Titolo, non era questo all’origine.
L’opera si chiamava in verità Ingegnere dell’anima.
Era in una targhetta il giorno della vernice (e strappata via dall’artista nel tardo pomeriggio stesso): e potevamo leggerla subito prima dell’entrata nella sua mostra in quell’ex-carcere sotterraneo, collocato appunto alla Cabana (ex Fortezza militare ora sede della mostra e di musei). L’allusione alla iperdeterminazione operata da Fidel sui suoi concittadini appariva chiara non appena ci si addentrava nel buio di quel tunnell lungo un ottantina di metri, cosparso in terra tutto di foglie di canna da zucchero in decomposizione il cui puzzo quasi da svenire ci perveniva nella fila costituitasi sullo stretto arco di ingresso. Entrati dentro, si camminava nel buio e ci trovava a un certo punto in un crocicchio illuminato dall’alto da un monitor tv sospeso alla volta e guardante in basso. Lì dentro l’immagine di Castro _ ecco l’ingegnere dell’anima nostra_ che si apriva e chiudeva in un loop ammiccante la camicia bianca, indicandoci il suo cuore; e lì tutt’ intorno nel semibuio, corpi tutti nudi, uomini vecchi e giovani che tentavano come di pulirsi il corpo, di strofinarsi via qualcosa.
Essere umano e potere, una materializzazione della morale, ma anche senso di colpa (lavarsi), sottomissione, sacrificio.
Anche per me è  stata una percezione totale e indimenticabile, passata attraverso il tempo lento della fila, della puzza, del buio, della tv, e della incredibile verifica della rapida assurda capacità nostra di adattarci, anche al male più evidente, come quell’ odore a primo impatto parso insostenibile.

Dall’alto:

Esercizi di resistenza

Tania Bruguera, “Ingegnere dell’anima“, Biennale dell’Avana 2000, disegno dell’installazione di Simonetta Lux

Tania Bruguera, “Ingegnere dell’anima“, Biennale dell’Avana 2000, disegno dell’installazione di Simonetta Lux

La Cabana, foto di Simonetta Lux, novembre 2000

L’Avana e il suo porto dalla Cabana, foto di Simonetta Lux, novembre 2000