Il 7 marzo 2002 alle ore 18.30 si inaugura presso il MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea la mostra personale dell’artista Ines Fontenla dal titolo Alla fine delle Utopie, a cura di Domenico Scudero. La mostra propone un’installazione inedita e complessa, realizzata appositamente per gli spazi del Museo Laboratorio. Negli spazi espositivi saranno presentati due video a parete ed una installazione scultorea illuminata ed integrata da due diaproiezioni. Il tema dell’installazione è quello delle utopie storiche concentrate sul terreno della città ideale. Attraverso la storia di una rappresentazione Ines Fontenla ci riporta un paesaggio di fulgido spettacolo architettonico in cui il bianco rappresenta la verità ideale e le forme sono edotte ed informate alla perfezione costruttiva. Sia nei due video che nell’installazione le forme del costruire sono simboleggiate da frammenti di costruzioni ideali, modelli rappresentativi che si offrono a specchio terreno delle utopie. Nelle proiezioni video acune forme architettoniche sono riprese mentre rovinano su un fondale di polveri bianche sospinte dal gesto di una mano. Le stesse forme sono riproposte nella installazione scultorea anch’essa realizzata su un fondale di polveri di marmo bianco.
Questa mostra ci consente di ripercorrere concettualmente l’identità delle utopie costruttive che sono state uno dei patrimoni fondanti della cultura della più recente storia dell’arte e ci danno la possibilità di ripercorrerne l’identità. Alla fine della mostra sarà presentato un volume curato da Domenico Scudero per le edizioni Lithos con testi di Simonetta Lux, Viana Conti, Maria Francesca Zeuli, Irma Aristizábal e Augusto Pieroni.
Il Ciclo Laboratorio nati nell’ambito del corso di dottorato di ricerca “Arte di confine” XVI ciclo e degli Stage/Master in Cura Critica ed Installazione Museale, voluti dal direttore Simonetta Lux, sono realizzati dal curatore del Museo Domenico Scudero.

La mostra resterà aperta dal 7 al 28 marzo 2002.

Agnese Malatesti, ufficio stampa MLAC
e-mail: muslab@uniroma1.it

 
Ines Fontenla: Alla fine delle utopie
testo di Maria Francesca Zeuli

Il 7 marzo 2002 si è inaugurata, nella sala inferiore del Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, la mostra personale di Ines Fontenla Alla fine delle utopie.

Si tratta di un’installazione complessa che l’artista argentina, che vive e lavora a Roma, ha progettato e realizzato proprio per gli spazi del Museo Laboratorio.

L’artista si avvale di più media: due videoinstallazioni a parete, due diaproiezioni ed una scultura composita, fatta di polvere di marmo e modellini in forex, che si sviluppa sul pavimento dell’ampia sala e copre una superficie ellittica di circa tre metri di diametro, inglobando al suo interno due pilastri bianchi facenti parte della struttura ospitante, su cui sono proiettate due bianche e scanalate colonne antiche. Sopra uno spesso e movimentato tappeto di polvere di marmo, che assume le sembianze di un’isola (luogo eletto per la realizzazione di utopie), posano una serie di costruzioni architettoniche crollate, ammassate, abbattute, distrutte.

Ogni architettura rappresenta un palazzo di un territorio utopico, dunque un’utopia che ha segnato un determinato periodo storico: “Atlantide” di Platone (sec. III-II a.C.), “Sforzinda” di Filarete (sec. XV), “Utopia” di Tommaso Moro e “La città del sole” di Tommaso Campanella (sec. XVI), infine “Falansterio” di Charles Fourier (sec. XVIII) e “Icaria” di Etienne Cabet (fine sec. XIX). Tutte queste utopie sono, però, cadute, pur essendo state progettate per realizzare e mantenere il più perfetto equilibrio: Fontenla vuole, così, mostrare, visualizzandola, la fragilità delle utopie e la loro impossibilità di stare in piedi; inoltre, il bianco della polvere di marmo e dei modellini di forex contribuisce a creare un’atmosfera sospesa e al di fuori del tempo che amplifica, bloccandola, la sensazione di inquietudine provocata dal pensiero di un crollo totale di tutte le utopie, di tutte le speranze, quasi polverizzate come il marmo.

A completare l’installazione e a rendere ancora più intenso il turbamento sono le immagini del video in cui mani bianche (un ulteriore elemento che proietta questa creazione al di fuori del tempo e dello spazio fisico) cercano disperatamente di rimettere in piedi gli edifici crollati senza riuscire a farlo: si acuisce il senso di impotenza e di ansia per l’impossibilità di ristabilire un equilibrio che esiste come tensione nella mente dell’Uomo, ma è irrealizzabile perché parliamo di utopie.
La mostra fa parte della serie espositiva “Laboratorio” proposta nell’ambito del Dottorato di Ricerca “Arte di Confine” e dei relativi corsi sperimentali di Stage/Master in Cura Critica ed Installazione Museale, voluti dal direttore del Museo, Simonetta Lux, e realizzati dal curatore del MLAC Domenico Scudero; al termine della mostra, aperta fino al 28 marzo 2002, sarà presentato un volume monografico della collana “artisticaMente”, edito dalla Lithos e curato da Domenico Scudero con testi di Simonetta Lux, Viana Conti, Maria Francesca Zeuli, Irma Aristizàbal e Augusto Pieroni.